Un nuovo approccio per trattare la CMT 2E con nucleotidi antisenso
Un trattamento con oligonucleotidi antisenso (ASO) ha un potenziale terapeutico per una forma grave di malattia di Charcot-Marie-Tooth (CMT), secondo uno studio pubblicato su Brain
La CMT comprende una serie di neuropatie periferiche ereditarie associate a mutazioni in vari geni. Il tipo 2E di CMT (CMT2E) è causato da mutazioni nel gene che codifica per la proteina neurofilamento catena leggera (NfL). Particolarmente grave è il sottotipo CMT2E con una particolare mutazione (p.N98S), che causa la formazione di aggregati positivi per NfL e porta alla degenerazione dei nervi periferici.
Nello studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Brain, Medina e colleghi hanno generato un modello di neuroni motori derivati da iPSC per CMT2E p.N98S. Hanno utilizzato questo modello per studiare la patogenesi molecolare della malattia e per determinare se un trattamento con ASO potesse ridurre i marker di danno assonale.
I ricercatori hanno prima caratterizzato i fenotipi molecolari del modello confrontando i neuroni motori derivati da iPSC di due persone con CMT2E p.N98S e due individui sani. Nei neuroni CMT2E p.N98S, la fosforilazione di NfL era ridotta, il che probabilmente contribuisce alla formazione di aggregati. Inoltre, i livelli di NfL solubile e periferina, entrambi marker di danno assonale, erano aumentati.
I marker molecolari della patologia sono stati utilizzati per valutare gli effetti di un ASO specifico per l’allele sviluppato per ridurre l’espressione di NfL p.N98S. L’uso di questo ASO nei neuroni motori derivati da iPSC ha ridotto l’espressione di NfL p.N98S e i livelli di NfL solubile e periferina. I risultati indicano che il trattamento può ridurre il danno assonale.
I risultati dello studio su CMT2E
Gli autori scrivono che questo è il primo studio preclinico in vitro e una strategia di trattamento ASO clinicamente rilevante per CMT2E. I risultati stabiliscono una prova di concetto vitale per una terapia genetica clinicamente praticabile. Tuttavia, il modello in vitro ha delle limitazioni e i ricercatori suggeriscono di utilizzare lo stesso approccio in un modello murino come prossimo passo. La valutazione delle prestazioni dell’ASO in un modello in vivo fornirà diverse misure di efficacia attraverso valutazioni molecolari, biomarcatori e comportamentali.