La battaglia personale di un medico con CMT contro la CMT
Il Dr. Priyanshu Agrawal non sapeva di essere affetto dalla Charcot-Marie-Tooth, una malattia genetica che colpisce in primo luogo il sistema nervoso periferico. Una volta avuta la diagnosi, ha iniziato la sua battaglia contro questa malattia
Quando il dottor Priyanshu Agrawal ha cominciato a scrivere di sé, ha creato il ritratto di un medico divenuto paziente. “Sono un medico, ma nello stesso tempo un paziente” è l’esordio che ha usato il Dr Agrawal nel suo articolo sul PLOS Global Public Health, una rivista internazionale.
Il Dr Agarwal, un giovane medico residente a Madhya Pradesh, uno Stato centrale dell’India, convive con una malattia cronica progressiva chiamata Charcot-Marie-Tooth. Questo disturbo, definito anche CMT, è una malattia ereditaria che causa danni gravi al sistema nervoso periferico fino a portare alla perdita di sensibilità e della capacità di contrarre i muscoli e persino alla difficoltà di deambulare.
Il dr Agarwal ha condiviso la sua esperienza, caratterizzata dal “non avere una diagnosi” fino a “ricevere una diagnosi errata” per la sua malattia. Attualmente sta diffondendo la consapevolezza su questa malattia, la CMT, che progredisce lentamente e che può essere oggetto di una diagnosi errata. Incuriosito dalla sua storia, South First ha deciso di contattarlo per saperne di più sulla CMT. Il dr Agarwal gli ha raccontato una storia stimolante che ha il potere di colmare il divario tra l’essere un medico e, allo stesso tempo, un paziente.
Ha dichiarato: “Purtroppo, non solo i pazienti o il pubblico in generale, ma anche i medici dovrebbero essere più consapevoli di questa malattia, che molti di loro hanno erroneamente diagnosticato. Desidero che tutti conoscano la CMT in modo che la qualità della vita dei pazienti non peggiori e il supporto arrivi prima”.
Ignorati i primi sintomi
Nato e cresciuto a Kalapipal, una piccola città della Madhya Pradesh, il dr Agrawal ha trascorso un’infanzia attiva. Fu dopo il suo trasferimento a Indore, all’età di 16 anni, per prepararsi alla scuola di Medicina, che iniziò a notare alcuni sintomi come la mancanza di equilibrio nella deambulazione e la difficoltà a correre – segnali che avrebbero preannunciato la comparsa di un problema di salute più serio.
Agarwal, essendo concentrato sull’esame di idoneità per entrare alla scuola di Medicina, fece poco o nulla per collegare questi sintomi ad un problema di salute più grave. “Tutto ciò che pensavo allora era assicurarmi un posto alla scuola di Medicina. Per questo motivo qualunque pensiero che coinvolgeva un problema di salute più grave mi sembrava lontano ed imperscrutabile”.
Guardare in faccia alla realtà
Ad Agarwal, durante il primo anno alla scuola di Medicina, sembrò tutto normale. Ma a 22 anni, iniziò a notare alcune difficoltà più problematiche. “Andare in bicicletta divenne una sfida ed il mio equilibrio peggiorò. Notai anche un leggero peggioramento dell’udito. Anche se ero poco avvezzo alla terminologia medica, sapevo che tutto ciò aveva a che fare con il sistema nervoso e decisi di vedere un neurologo”.
I medici sospettavano una forma di neuropatia ereditaria. Ma i termini medici avevano poco senso per Agarwal, anzi lo portarono a vivere una fase di negazione della malattia. Le sue condizioni di salute però ebbero un’evoluzione lenta ma progressiva, che divenne più evidente durante gli anni del suo tirocinio. Le sue capacità motorie fini erano ormai compromesse. Il dr Agarwal racconta: “Anche i più piccoli gesti come raccogliere degli oggetti o abbottonarmi divennero molto difficili. Non potevo più allacciarmi le stringhe delle scarpe, la mia andatura perdeva equilibrio e vedevo il mio piede cadere, come se avessi una paralisi dei muscoli che sollevano la punta del piede. Mi resi conto che qualcosa in me non andava”. Il peggioramento dei sintomi aumentò la curiosità dello studente in Medicina, che iniziò a studiare le base biologiche della malattia.
L’auto-diagnosi di uno studente di Medicina
Dal momento che i medici non erano in grado di dare risposte, egli decise di trovarle autonomamente. Fece delle ricerche su Internet e controllò le diverse mutazioni e combinazioni della malattia e dei suoi sintomi. Poco dopo si imbatté in un tipo di malattia chiamata CMT (Charcot-Marie-Tooth). Oltre a diagnosticare la sua condizione come una malattia ereditaria con diverse varianti, egli concluse di aver contratto la forma di Tipo X.
Tentativi con le terapie alternative
Non avendo informazioni sul trattamento della CMT, il dott. Agarwal si rivolse alla terapia tibetana, che non funzionò. Egli spiega: “Provai dunque con l’omeopatia e con le terapie ayurvediche, ma niente sembrava funzionare. Il dolore, l’irrequietezza degli arti inferiori, l’assenza di equilibrio, la caduta del piede, tutto continuava gradatamente a peggiorare”. L’ansia e la disperazione nella ricerca di cure, compromise le sue prestazioni accademiche. I suoi esami di ammissione post-laurea (specializzazione) e i turni clinici facenti parte del corso diventarono troppo impegnativi.
Fu in questo periodo che andò in cerca di un consiglio presso il suo mentore, il dr. Prabhudeva Hiremath, un neurologo di Bengaluru. Egli sollecitò Agarwal a trovare una diagnosi medica precisa, prima di provare qualsiasi altra cura. Il dr Agarwal spiega: “Il dr. Prabhudeva arrivò nella mia vita come una divinità. Il tipo di aiuto che mi diede fu immenso. Non solo sollevò il mio morale, ma mi mostrò la giusta direzione – prima di tutto una diagnosi precisa, per capire quale forma genetica di CMT avevo contratto”. Indagini approfondite rivelarono che Agarwal aveva la CMT di tipo 4C.
Cos’è la CMT? Ce lo spiega un medico con CMT
La CMT è una malattia genetica che colpisce principalmente il sistema nervoso. Per molti pazienti i primi sintomi diventano evidenti durante il periodo infantile. In ogni caso questi sintomi possono risultare poco visibili durante i primi anni dell’esordio della malattia. Le caratteristiche tipiche che interessano tutte le varianti comprendono atrofia muscolare, intorpidimento e neuropatia periferica.
Il dr. Agarwal sostiene: “In alcune varianti la progressione di tale malattia è estremamente lenta. Alcune persone ne vengono a conoscenza solo dopo i 45 anni di età, quando i sintomi iniziano a diventare evidenti. Benché questa malattia sia piuttosto rara, è comunque una delle più comuni malattie ereditarie”. E aggiunge: “A tutt’oggi mancano cure disponibili, ma è possibile gestire i suoi sintomi usando la fisioterapia, gli antidolorifici, un corretto stile di vita e la chirurgia per eventuali deformità”.
Una vita dedicata alla sensibilizzazione e informazione
La conferma tramite diagnosi genetica della CMT 4C ed il supporto morale del Dr Prabhudeva, fecero sì che Agarwal fosse sollevato dal fatto di vedere quanta vita avesse ancora da vivere. Divenne meno preda delle preoccupazioni e più motivato visto che la diagnosi gli diede una visione chiara che eliminò le sue paure: “Ciò riuscì a darmi uno scopo e una direzione. Fu in quel momento che decisi di iniziare una nuova vita, una vita dedicata a diffondere la sensibilizzazione su questa malattia. Decisi di contattare tutti i governi locali ed il governo centrale per garantire che questa malattia ricevesse attenzione nelle facoltà di Medicina e pressi i medici curanti.
Il dr Agarwal afferma che la sua esperienza ha evidenziato il significato dell’approccio medico centrato sul paziente e l’impatto di una comunicazione efficace nell’ambito delle cure sanitarie. È dispiaciuto dal fatto che se la sua malattia fosse stata diagnosticata all’età di 21 anni o se ne fosse stato consapevole fin dall’età di 16, quando gli fu detto che poteva soffrire di un problema ereditario, egli avrebbe potuto ritardare la sua progressione. L’aveva ignorata in precedenza poiché nessuno dei suoi parenti stretti aveva sofferto della stessa malattia.
Una diagnosi corretta
Rincuorato dalla diagnosi definitiva, il dr. Agrawal focalizza la sua attenzione sulla gestione dei sintomi e sulla sua formazione medica. Egli comprese il ruolo importante di una diagnosi accurata nell’ambito delle cure mediche e del benessere del paziente. Sarebbe servita come tabella di marcia per gestire la malattia e motivare il paziente a livello psicologico in modo che si adattasse al suo futuro per poterlo pianificare. L’esperienza del dr Agrawal ha infuso in lui un’empatia unica e una profonda comprensione circa la prospettiva del paziente, che usa nella sua pratica medica.
Condividendo la sua storia, egli mira ad ispirare altri che stanno combattendo contro una malattia cronica a cercare una diagnosi accurata e una consulenza medica piuttosto che fare auto-diagnosi. Egli spera in maggiore ricerca e supporto per le persone con CMT, specialmente in India, dove spera di creare un network per un più incisivo sostegno.
La resilienza paga
Oggi il dr Agrawal continua a vivere con la CMT, affrontando le sue sfide con resilienza e speranza. La sua non è solo una storia di lotta contro una malattia cronica, ma anche di speranza in un futuro migliore a seguito di una corretta diagnosi. Il suo viaggio evidenzia la verità essenziale della Medicina: comprendere e affrontare le avversità non è solo un percorso che porta verso la resilienza personale, ma anche una pietra miliare per un’assistenza sanitaria efficace.
Egli afferma: “La mia unica richiesta ai pazienti che affrontano la CMT è quella di essere forti mentalmente. Esistono farmaci in arrivo. C’è una terapia genica che mostra progressi in alcune varianti della CMT. Faccio un’altra richiesta alle persone che hanno a che fare con pazienti con CMT: dare loro un supporto fisico e mentale migliore possibile.
Egli consiglia ai pazienti con CMT di non chiudersi in sé e isolarsi, la qualità di vita è migliore in presenza di un tessuto sociale: “Se tutt’ora sono in grado di gestire la malattia con grande determinazione, è certamente grazie all’enorme supporto dei miei amici. I miei colleghi medici mi hanno dato idee per diffondere la consapevolezza della CMT e sono estremamente grato a tutti coloro che hanno sostenuto me e la mia causa. Esorto i governi ad occuparsi di questa malattia e dei pazienti”.
Fonte: The South First, Traduzione a cura di Simona Geninazza.